IL LIBRO
Cioni Mario… di Bertolucci-Benigni per Roberto Benigni, Pisa, ETS, 2017
Nel 1975, Cioni Mario di Gaspare fu Giulia appare come un’operazione inconcepibile, e non solo per la neo-avanguardia teatrale coeva, della quale rappresenta un esito, seppure controverso:
un attore solo in scena, immobile, e un turpiloquio feroce, comico, genitale, blasfemo.
Eppure, in quel briccone divino con le fattezze di ragazzo toscano, nella lingua sporca di quel cupo pinocchio contemporaneo, sono fuse istanze disparate e urgenti: il tramonto della cultura rurale, l’inquietudine di un Novecento innervato di politica e psicanalisi, la gorgonica irriducibilità della maschera. Nel delirio solipsistico di questo fool scespiriano risuonano elementi eterogenei, a evocare Rabelais, Dostoevskij e Kafka.
Ed è con l’alter ego di Cioni Mario che Roberto Benigni debutterà, non solo a teatro, ma anche al cinema e in televisione. Analizzarne questa prima incarnazione diviene, così, passaggio cruciale per comprenderne anche la successiva carriera, e questo volume vuol costituire un primo contributo in tal senso.
IL MONOLOGO
Roberto Benigni e Giuseppe Bertolucci, Cioni Mario di Gaspare fu Giulia, in
ID., Berlinguer ti voglio bene, Tuttobenigni, Cioni Mario di Gaspare fu Giulia, Roma–Napoli, Theoria, 1992, pp. 143-155
Citato, evocato, ricordato, ma quasi mai visto in scena. Il monologo del Cioni rappresenta, anche in virtù dell’alone di “mistero” che lo avvolge, un caso unico nella storia del teatro italiano degli ultimi cinquant’anni. È da lì che s’irradia la carriera di un comico amatissimo, eppure discusso, censurato, eppure osannato, un attore in grado di assurgere ai massimi riconoscimenti della cultura di massa, tra cinema e televisione. Eppure, Roberto Benigni resta, e non può non essere considerato, un attore spiccatamente teatrale, nonché un esempio unico di artista in cui s’incontrano la cultura popolare nella sua forma più magmatica, complessa, e un apprendistato scenico senza dubbio contemporaneo.
Primo alfiere, pionieristico, di una moderna comicità toscana, Benigni, cresciuto tra case del popolo, feste dell’Unità e poeti improvvisatori d’ottavine, è anche un attore figlio dell’avanguardia romana degli anni Settanta, e il misconosciuto monologo originario, poi ritradotto in forme edulcorate sia in televisione sia al cinema, ne è la dimostrazione più lampante.
L’INCONTRO E IL FILM
Berlinguer ti voglio bene, Giuseppe Bertolucci, Italia, A.M.A. Film, 1977
Parlare dell’unico studio sinora specificatamente realizzato sul personaggio di Mario Cioni nelle sue molteplici incarnazioni tra teatro, televisione e cinema, è pure un modo per poter rileggere qualche brano del testo originale, che da anni, dopo una la messinscena diretta da Alessandro Benvenuti con Bobo Rondelli protagonista, manca dalle scene, a causa di una discutibile presa di posizione da parte dello stesso Benigni. Non solo: è anche un modo per ripercorrere gli ultimi quarant’anni di comicità (e società) italiana, a partire dall’epoca in cui la comicità ha irrotto nell’immaginario collettivo finendo quasi per sostituirsi a una classe intellettuale messa in crisi e all’angolo dal riflusso, che ha finito per abdicare del tutto al ruolo di guida progressiva della società. Un fenomeno complesso e articolato che ha visto, in seguito, la categoria del finzionale (prima come televisivo, poi come digitale) sovrapporsi, sino a elidere del tutto, quella del reale, in un processo tutt’ora in corso.
Infine, è un’occasione ideale per poter rivedere un film che, nonostante le difficoltà distributive incontrate all’uscita nelle sale (tra cui un’insensata censura per i minori di 18 anni…), si è successivamente iscritto nella memoria collettiva, al punto da divenire a ragione una pietra miliare del cinema italiano degli anni Settanta.
L’AUTORE
Igor Vazzaz
Critico teatrale e docente a contratto presso l’Università di Pisa, da anni si occupa di arti sceniche, musica, serialità televisiva, sport, gastronomia, arte. Ha pubblicato e curato saggi sul comico contemporaneo (Comicità negli anni Settanta. Percorsi eccentrici di una metamorfosi tra teatro e media, Pisa, ETS, 2005), sulla televisione (per l’editore Alphatest: I telefilm a test e Il dottor House a test, rispettivamente nel 2007 e 2008), e ha fondato la rivista online lo sguardo di Arlecchino, per un costante monitoraggio sull’attività scenica italiana.
Cantante e compositore, si interessa di musica cantautorale e folk sia italiano sia internazionale; nel 2017 ha pubblicato, con il gruppo La Serpe d’Oro, il disco Toscani randagi. Canti d’amore, di rabbia e osteria; con la medesima formazione, porta in teatro gli spettacoli Maledetta Toscana (2017) e D’amore, d’anarchia e di altri virus letali (2018). Attivo anche con la band Tarantola 31, con questa ha pubblicato, nel 2013, l’album Nonostante Maria (va tutto bene), mentre, con l’attore e poeta svizzero Daniele Bernardi, ha contribuito a realizzare vari reading poetici nonché lo spettacolo teatrale Io, Pierre Rivière, avendo sgozzato mia madre, mia sorella e mio fratello…, debuttato a Lugano (Svizzera) nel 2016 e tuttora in circolazione.